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Prologo

Il sole era sorto da poco.

Si sedette sul terreno brullo e arido a osservare l'astro giallo che faceva capolino da sopra la linea dell'orizzonte.

Incredibile! Nonostante siano passati tanti anni, ancora mi sorprende vedere come siano diverse le cose qui! Pazzesco... persino le piante e i fiori sono differenti... pensò scuotendo la testa con una certa incredulità, mantenendo un sorriso sornione. Poi si guardò nuovamente intorno compiaciuto.

Alle sue spalle si ergeva una montagna rocciosa squadrata, dalle cui pareti crepate spuntavano dei sottili e miseri fili d'erba, che circondavano la sua tenda come un'alcova, fornendogli riparo e copertura. Si era accampato nel bel mezzo di un sentiero di crocevia, poco lontano dalla bellissima città di Terah, la più grande dell'intera Nesia. Si trattava di una comune via di montagna in terra battuta, con pietre e sassi sparsi in maniera disordinata e piccole sterpaglie che crescevano ai lati. Vi erano addirittura delle buche lungo il percorso e persino della sabbia portata dal vento. Infatti il sentiero affacciava sullo strapiombo, da cui si poteva ammirare la via di sabbia che portava verso l'insediamento di Farah, costruita nel bel mezzo del neo nato deserto di Far-Et-Margo.

Si notava subito il tocco di Naar nel creare quell'ampia distesa.

Si sporse con lo sguardo poco più lontano, verso il basso, sulle ampie distese di sabbia e i granelli di roccia scintillante del colore dell'oro. Rosso, nero e oro erano sempre stati i suoi colori preferiti. Inoltre odiava il freddo e a giudicare dall'aria che si muoveva verso l'alto in maniera ondulata, laggiù sembrava fare davvero caldo, nonostante fosse appena la prima ora del mattino, come misuravano il tempo da quelle parti. Quell'immenso deserto gli ricordava le piane di Slyl di casa sua, dove fa così caldo, che nemmeno quel musone, testardo di Ryodal oserebbe avvicinarsi.

Però doveva ammettere che l'elementale del fuoco aveva fatto davvero un buon lavoro in senso estetico. Per quanto il tutto avesse un'aria di desolazione e distruzione, il paesaggio appariva quasi aggraziato, rispetto alle distese di lava ribollente di dove viveva. Nella dimora di Naar vi erano bolle grandi quanto uova di drago, che esplodevano in sbuffi di vapore e schizzi di fiamme e la lava scorreva praticamente dappertutto.

Alzò lo sguardo e osservò quella distesa calma e tranquilla che gli abitanti di quel luogo chiamavano cielo. Non era un brutto nome, ma nella sua lingua suonava molto meglio. In ogni caso era da parecchi anni che non era così chiaro e limpido e cambiava colore così velocemente. Ricordava perfettamente che durante la guerra, non rimaneva fisso e nemmeno incorporeo come in quel momento. A volte era solido, a volte liquido, a volte pesante, a volte leggero. E spesso era un'arma estremamente pericolosa.

Invece adesso, il cielo era impossibile da raggiungere. Etereo, distante e irraggiungibile. Indipendentemente da quanto una persona, una creatura, o un qualsiasi altro mostro potesse essere grande, sia nel corpo che nello spirito, per quanto una costruzione potesse essere imponente, o un elemento della natura grandioso, niente e nessuno poteva stare più in alto del cielo.

Quel colore terso era davvero rilassante. Sirafi non aveva buon gusto nella scelta dei colori. La riteneva troppo pacchiana, con tutto il suo amore per l'oro, l'argento e il bianco. Ma almeno nel ridistribuire la luce su Nesia, aveva fatto un buon lavoro e si era mantenuta sobria. Quando Sirafi si era offerta di ridistribuire la luce e i colori di quel mondo, aveva temuto che l'elementale rendesse Nesia una gigantesca e indefinita distesa di brillantini luccicanti, come un gigantesco gioiello, grande quanto un mondo.

Fortunatamente, dalla sua posizione, non solo i colori erano molto belli ma anche la temperatura era più sopportabile. Anzi era addirittura piacevole. Sentiva una lieve brezza che gli accarezzava il viso e gli scompigliava i capelli. Gli piaceva quella sensazione del vento che arruffava i suoi capelli castano scuro e li lasciava ondeggiare lievemente all'indietro. Era molto diverso dai soffi furiosi che gli facevano rivoltare il viso da una parte all'altra, di quella dispettosa di Tadewi. A volte gli soffiava apposta il vento nelle orecchie, solo perché doveva fargli dispetto. Altre volte evocava delle gigantesche folate di vento che gli facevano volare i vestiti di dosso, solo per ridere di lui mentre era ancora stravolto e intento a sistemarsi. Altre volte ancora, gli toglieva il respiro durante il sonno, facendolo sobbalzare dal letto. Era l'unica, tra tutti, che riusciva a fargli perdere la pazienza. Non era cattiva, ma non aveva proprio il senso della misura. E quel sempliciotto di Naar rideva sempre a tutti i suoi scherzi idioti.

Fece un lungo e sonoro sbadiglio, si stiracchiò le braccia e inarcò la schiena all'indietro. Con la faccia ancora piena di sonno, mise le mani a coppa e spremendosi un po', evocò dai palmi dell'acqua, che raccolse al centro. Se la gettò in faccia, strofinandosi bene gli occhi e il naso, in modo da non lasciarsi impurità, poi si passò entrambe le mani sulle guance e si pulì per bene la mascella barbuta.

Poi alzatosi in piedi, tornò soddisfatto a osservare quell'ampia distesa desertica che si estendeva di fronte a lui. Ah! Una giornata come quella di oggi, è proprio ideale!

Una voce femminile dal tono duro chiamò il suo nome «Eccellente araldo Gahone!»

Si voltò con un sorriso e non appena la vide, allargò le braccia, accogliendola gioiosamente «Selora Lehi! Ma che bella sorpresa! Come stai? Cosa ti spinge ad allontanarti dalla splendida città di Terah?»

La donna era a cavallo. Era molto alta, dalla carnagione ramata scura, i capelli neri mossi che le scendevano fino alla vita, erano legati in più punti in una treccia lunga, con tre fermagli, uno d'oro, uno di bronzo e uno verde. Sulla sua ampia fronte indossava una fascia dai larghi bordi rossi e decorata al centro con dei triangoli gialli dagli spigoli neri, disposti in modo che il vertice dell'uno fosse adiacente alle basi dei due triangoli di fianco. Aveva gli occhi dal taglio sottile, di un grigio così intenso, da immergersi dentro come in uno specchio d'acqua, un naso appuntito e lungo, sopra una bocca circolare dalle labbra sottili. Il viso era squadrato, dal mento pronunciato. La corporatura era atletica con grosse braccia muscolose e gambe altrettanto robuste. Indossava una stretta tunica di stoffa gialla senza maniche, che le copriva il busto dal grosso seno e il collo, ma le lasciava scoperta la pancia. Su entrambi gli avambracci aveva dei tatuaggi arancioni e color terra, dalle linee intricate e complesse, che si chiudevano a cerchio all'altezza delle spalle. Ai polsi sfoggiava dei bracciali dorati, con delle decorazioni stilizzate incise, un sole a destra, una luna a sinistra. In vita portava una cintura di corda rossa con cui teneva su un paio di pantaloni di stoffa, gonfi sulle cosce e leggermente stretti sulle caviglie, su cui erano allacciati dei semplici calzari di lacci di pelle.

Lei fece un lieve cenno di ringraziamento «Sono in forze e in salute, eccellente araldo. Vi ringrazio per il vostro interessamento. Sono qui perché alta maestà, l'eccellente araldo Antar, ha richiesto la vostra presenza al suo cospetto e ha inviato me a chiamarvi.»

Fece un lieve sorriso di sbieco, come una smorfia. Aveva passato almeno due cicli interi a osservare quegli strani ambienti, quelle bizzarre abitudini e quel bislacco modo di parlare del popolo che abitava in quella zona. Nonostante tutto il tempo trascorso, lo trovava sempre divertente. Quando all'inizio li guardava con curiosità da lontano, non riusciva bene a capire il senso di tutti quegli inusuali titoli dalle infinite sfumature, che quel buffo popolo utilizzava quando interagivano l'un l'altro. Ma dopo aver vissuto in mezzo a loro, aveva finalmente compreso quel loro curioso modo di fare, che trovava al tempo stesso ridicolo e spassoso.

«Quindi è ufficiale? È già un'alta maestà...» commentò ironico.

Selora sgranò gli occhi «Beh... no. Non è ancora ufficiale. Ma insomma... a breve...»

Gahone rise, vedendola in evidente difficoltà «Ah ah ah! Stai tranquilla! Ti stavo solo prendendo in giro. Antar è pur sempre Antar e dopo tutto quello che ha fatto...» Poi alzò l'indice verso l'alto «Dammi un minuto e arrivo subito. Non possiamo di certo far aspettare le nostre... alte maestà...» Fece una riverenza teatrale e appositamente ridicola e rientrò in tenda, per prendere tutto il necessario per la celebrazione del matrimonio. Prese le stoffe di lino bianco e i rifinimenti color porpora con cui poter avvolgere gli ambienti e da posizionare sull'altare, le cilindriche candele di cera, larghe e alte, su cui aveva inciso i simboli delle fiamme di Naar da un lato e in una aveva inciso il serpente dalla bocca spalancata, che mostrava le fauci aguzze come falci e la lingua forcuta di fuori, mentre sull'altra, il profilo della testa di un drago, prese poi gli incensieri, i gessetti, le erbe da bruciare e tutto l'occorrente per officiare il rituale e il Sedrem Rehg, il libro cerimoniale dei draghi dei cieli dell'ovest.

Legarono il suo bagaglio, salì anche lui in groppa al cavallo e i due si diressero verso la città di Terah. Il destriero procedeva al galoppo e correva più veloce dei fulmini di Gehult. Gahone seduto davanti, era avvolto dal donnone che teneva le redini e lo avvolgeva in un abbraccio. Nonostante l'andatura del cavallo, il corpo robusto di Selora lo tratteneva abbastanza stretto da non farlo cadere, inoltre grazie alla differenza di altezza, era coperto anche alle spalle. Gahone notò la sua mano sinistra monca di due dita, il mignolo e il pollice. «Come va con la mano?»

«Sto bene, eccellente araldo. Grazie a quelle strane arti insegnate dalla somma Sirafi e alle vostre cure, riesco a usarla quasi normalmente.»

«Bene. Sappi che ho fatto un bel discorso a quella sconsiderata di Tadewi. Le ho detto che non deve esagerare quando effettua le sue magie del vento, che qualcuno potrebbe rimetterci la pelle.»

Selora scosse la testa «È stato molto gentile a pensare a me, ma non era necessario. È stato un incidente e non provo alcun rancore nei suoi riguardi. Posso ancora combattere e aiutare l'eccellente Antar, come potete vedere. Non siate così duro con lei, in fondo si è anche scusata e non lo ha fatto con cattiveria...»

Ma Gahone la interruppe «Lo so che non è cattiva, ma non voglio che si metta nei guai, proprio perché non si rende conto della sua forza! Non riesce proprio a capire che gli umani e i bake, non sono come gli elementali. Come al solito, agisce di testa sua, fa i pasticci e poi io glieli devo risolvere!» Scosse la testa esasperato. «Non so proprio cosa frulli in quella sua testa... Si vede che è un'emanazione di Nehor...»

Selora ascoltò attentamente, poi disse «Comunque, grazie alle strane arti che mi avete insegnato voi, l'eccellente Antar e il sacro Naar, sono in grado di combattere e a fare tutto quello che facevo anche prima, come se non fosse successo niente...»

«Non sono strane arti, Selora. È magia. Magia inarrestabile, cioè del fuoco, creata da Naar» puntualizzò Gahone.

Lei rispose imbarazzata «Mi perdoni, eccellente araldo. Non volevo offendere.»

Gahone sospirò «Non importa, non hai offeso nessuno. Però non farti sfuggire che la magia è una strana arte davanti a Naar, durante il matrimonio. Altrimenti chi se lo vuole sentire...»

«Verrà anche il sacro Naar?» chiese con sincera curiosità.

Il duo di viaggiatori stava percorrendo la via che portava a Terah. Poche persone intraprendevano quel sentiero scosceso tra le montagne, tra i terreni brulli e la pendenza ripida, non era proprio quel che si diceva un percorso sicuro. In lontananza si potevano già vedere le imponenti mura bianche d'avorio che delimitavano città, al cui centro sorgeva il sontuoso palazzo di Cadrum Fahr, con le sue cupole arrotondate blu e i pilastri d'alabastro. Nei pressi dell'entrata, a ridosso dei cancelli scolpiti in pietra di onice, sormontati da punte di lancia dorate, erano disseminate le tende del gigantesco accampamento dell'esercito ed entourage di Antar. Si trattava dei suoi soldati di basso rango a cui non avevano trovato posto all'interno del palazzo del possente drago. In fondo era parecchio numeroso ed era impossibile trovare un alloggio per tutti all'interno del solo palazzo del maggiore dei draghi dell'ovest. Solo che era strano che non fossero stati invitati dentro il perimetro della città, i cui abitanti erano intenti ad allestire i preparativi del grande evento.

Gahone annuì «Certamente! E non solo lui! Ho portato l'occorrente per poterli far stare in mezzo a noi, senza che nessuno si faccia male. Sai, non credo che un essere fatto interamente di fiamme, risulti totalmente innocuo e come ben sai, anche lui si è affezionato ad Antar, perciò...»

Selora annuì «Non solo lui? Saranno presenti anche gli altri sacri elementali e gli altri eccellenti araldi?»

Gahone ondeggiò il capo a destra e sinistra «Non verranno proprio tutti... Xylnius, ovviamente ci sarà per Cadrum, sono grandi amici... potremmo quasi dire che la pensano alla stessa maniera. Ryodal e Sirafi sicuramente si faranno vedere... ma non credo che Misae verrà...»

Selora si accigliò «Perché mai? Ricordo che l'eccellente Misae era molto amica di alta maestà Antar...»

Lui annuì «Sì... ma il problema è Ahiga, suo marito. Non ha digerito bene le condizioni del patto, prova ancora rancore nei confronti di Naar e Ryodal, per ciò che hanno fatto al suo popolo. E poi non dimenticare che è ai ferri corti anche con Xylnius...»

«Capisco...» commentò laconica la donna.

«Poi ci saranno anche Oan e le sue quattro mogli e i loro figli, Kubla, Sano, Yamuna e Then Rua. Ah! E ovviamente Tadewi e Hagos. Insomma, non si perderebbero mai una bella rimpatriata...» La donna emise un lieve grugnito d'assenso, mentre conduceva il suo destriero con rapidità e concentrazione. «Ma Briann e Gehult non credo che ci saranno. Non so cosa stia succedendo, ma a quanto pare stanno sorgendo dei problemi nella loro zona di influenza, a nord del Mare Interno.»

Selora si accigliò «Problemi di che genere? I mostri sono tornati a minacciare le loro terre di nuovo?»

Gahone scosse la testa «Non saprei. Ma stavolta la faccenda sembra seria. Gehult può risultare un po' troppo ostinato a volte e anche Briann non è la persona più ragionevole se viene provocato.»

«Temete che scoppierà la guerra tra loro, eccellente araldo?» chiese Selora preoccupata.

L'uomo sospirò «Spero di no. Abbiamo già avuto abbastanza problemi, qui alle terre centrali. Ci è mancato poco che quegli zucconi dei promessi sposi di Antar, non abbiano mandato all'aria tutto il lavoro che abbiamo fatto, sfiorando la tragedia! Ci manca solo una ribellione tra quelle due teste dure, in questo momento! Non possiamo infrangere il patto, non così presto... dobbiamo resistere, almeno... almeno mille anni... Altrimenti...» E interruppe la frase lasciando intendere alla sua interlocutrice, il tragico epilogo possibile. Poi riprese «Meno male che Antar è una persona saggia e intelligente e ha a cuore l'intero popolo... Altrimenti non so proprio come avremmo fatto a tenere a bada quei... quei... quei muli viziati!» sottolineando con rabbia malcelata gli epiteti finali.

La donna fece una lieve pausa. Poi disse con una cadenza innaturale «Sì... sì, avete ragione, eccellente araldo. Alta maestà Antar è una donna straordinaria.» Spronò le redini per aumentare l'andatura del cavallo. Ormai erano prossimi alla loro destinazione.

Gahone proseguì «Infine non sento quel dormiglione di Margatocal da un bel po' e non ho notizie nemmeno di Mitla. Io gli ho detto del matrimonio, ma probabilmente si staranno nascondendo tra gli alberi della giungla come delle scimmie...»

Entrarono nel bel mezzo dell'accampamento. Le tende erano montate in maniera disordinata oltre i lati della strada principale. Erano quasi tutte molto semplici, in tela, tenute su con dei picchetti ben piantati per terra e con delle aste di legno infossate nel terreno, al centro delle strutture. Si sentiva il verso delle pecore e delle capre in lontananza, rinchiuse in un recinto, mentre vagavano da un punto all'altro del territorio in cui erano costrette, consumando quasi per intero il sottostante terreno polveroso con i loro zoccoli. Per tutto l'accampamento aleggiava una costante puzza di fumo, sudore e sporcizia, che si mischiava alla polvere e al metallo delle armi. La maggioranza degli occupanti delle tende chinava il capo in cenno di rispetto al passaggio del duo a cavallo. Essi erano dediti a trasportare acqua, cibo e altri oggetti, posti all'interno di ceste di legno, poste sul capo e all'interno di secchi.

«Invece riguardo agli altri, Ren'Ik...» proseguì Gahone.

Ma la donna lo interruppe «Siamo arrivati, eccellente araldo.»

Si fermarono davanti a una comunissima tenda del tutto identica a tante altre, persino nella posizione si confondeva nel mucchio. Gahone rimase stranito. Era totalmente spiazzato. Selora scese da cavallo e gli tese la mano per aiutarlo.

«Ma io credevo che... dovessimo andare da Antar...» borbottò leggermente deluso, mentre scendeva lentamente dal destriero e le porgeva le redini.

Lei allargò gli occhi e annuì a più riprese «Infatti, è da lei che vi ho condotto. Siamo arrivati...» e tenendo le redini si affacciò nei pressi della tenda «Antar! Sono Selora! Ho condotto l'eccellente araldo, come avevi ordinato.»

«Grazie, Selora. Fallo entrare» rispose una suadente e dolce voce femminile.

Gahone un po' sorpreso, entrò nella tenda. Lo spazio era molto ristretto e seppure lui non fosse molto alto, fu costretto a chinarsi per evitare di toccare le pareti con il capo. Sul terreno era steso un giaciglio, affiancato da un paio di brocche di terracotta e due piccole stuoie leggermente decentrate con sopra dei panni di stoffa leggera rosso porpora, con al centro ricamato il simbolo del serpente dorato dalle fauci spalancate. Seduta su quella di fronte all'entrata, c'era una donna alta circa un metro e settantatré, dalla carnagione ramata scura, corporatura esile e sinuosa, vestita con un paio di fasce trasversali e doppie di lino blu a più strati che le coprivano il seno, poste al di sopra di un piccolo pezzo di stoffa gialla, che le lasciava scoperte le spalle dalla curvatura dolce e la vita sottile. Indossava un paio di pantaloni di stoffa leggera bianca, larghi sulle cosce e strette sulle caviglie. Aveva un viso a forma di cuore, due occhi molto grandi, ulteriormente accentuati dai contorni disegnati con una matita, un naso piccolo e proporzionato, due labbra molto grandi e carnose, che gli sorridevano dolcemente. Portava i suoi folti capelli neri raccolti in una treccia, che le scendeva fin dietro la schiena, legata in più punti con dei fermagli azzurri. Aveva posto davanti a sé, una piccola cintura con due foderi, leggermente ricurvi alle estremità e un terzo fodero di cuoio rosso, delle rifiniture in oro sulla punta e sui bordi, che suddividevano la lama in due sezioni rettangolari. Sulla sezione superiore, erano marchiate a fuoco, le due linee ondulate rivolte verso l'alto, cave al centro, che costituivano la fiamma di Naar. Dal fodero fuoriusciva un'elsa dal pomolo arrotondato, il manico lievemente ricurvo, avvolto da fasce di spesso cuoio rosso e una guardia rivolta leggermente verso l'alto, con rifiniture in oro, che riproducevano un serpente ondulato.

«Ciao, Gahone. Sono davvero felice di vederti. Potresti chiudere la tenda, per favore? Non vorrei che qualcuno ci interrompesse» chiese con estrema gentilezza.

Lui annuì e dopo aver chiuso la tenda, disse con fare canzonatorio «Ho saputo che nel vostro paese, porta sfortuna vedere la sposa prima del matrimonio. Di' la verità! Mi vuoi maledire per il resto della vita?» Andandosi a sedere di fronte a lei con un sorriso a trentadue denti.

Lei scosse lievemente la testa «Ah, mi hai scoperta! Ma ormai sei stato preso e niente ti libererà dalla maledizione della sposa Antar!» Ridacchiò lievemente. Poi alzando lievemente le sopracciglia continuò «Comunque, non preoccuparti. Vale solo nel giorno del matrimonio...»

Gahone si accigliò «Che è oggi, no?»

Antar scosse la testa con un sorriso «Solo tu puoi essere così svampito. Il mio matrimonio con Kasmiah è tra una settimana.»

Lui fu sorpreso «U-Una settimana?»

Lei annuì «Significa tra sette giorni» spiegò, mettendo in mostra sette dita.

«Lo so che significa settimana!» protestò indignato l'araldo.

«Lo sai perché adesso te l'ho insegnato io, mio caro» e detto questo, ridacchiò. E lo stesso fece Gahone, che si guardò attorno e notò una cosa estremamente ovvia.

Oggi non si sposa. Ma Kasmiah non c'è...

«Comunque ti ho mandato a chiamare, per chiederti un paio di favori...»

Lui allargò il suo sorriso «Un paio di favori? Ancora? Mia cara, sarai in debito tre vite dopo tutto quello che ho fatto per te!»

Lei alzò le sopracciglia «Tre vite? Ma quanto sei esoso! Al massimo posso concedertene due!» Concluse con un sorriso, alzando due dita della mano destra.

Lui sospirò pesantemente «Va bene! Ma solo perché sei tu! Due vite!» Entrambi risero.

Quando poi tornarono seri Gahone riprese «Dimmi pure.»

Lei gli porse il fodero con su inciso il simbolo di Naar. «Cosa dobbiamo fare con questa?» domandò preoccupata. Gahone osservò il fodero. Scosse la testa. «Beh... questa è tua. Naar l'ha forgiata per te.»

Lei fece una smorfia «Ascolta, Gahone. Questo è un oggetto davvero portentoso e straordinario. Ma ora come ora potrebbe essere estremamente pericoloso. Un oggetto così potente, potrebbe fare gola a molte persone. Neanche io credo ancora a tutto ciò che riesco a fare quando la impugno.»

«Beh... adesso ci penseranno i tuoi futuri mariti ad aiutarti a difenderla, no?»

Lei scosse la testa e con uno sguardo di pietà, gli rispose «Quanto sei ingenuo, Gahone.»

Lui ribatté risentito «Che vuoi dire?»

Lei lo guardò dolcemente «Guarda che è proprio da loro che sto cercando di proteggerla. Loro non vogliono me...»

Ma lui la interruppe «Oh, andiamo! Non penserai davvero che metterebbero su tutta una serie di spettacoli e dimostrazioni di affetto e forza, per chiunque? Devi ammettere che prima che la situazione degenerasse, era davvero stupefacente! Insomma, il volo dei draghi di Kasmiah, le creature ardenti di Emhar, i mondi onirici di Munkhar...»

Antar sospirò «Sì, sono stati belli, maestosi, spettacolari. Non sto dicendo che non sia così. Quello che dico è che non si tratta di gesti del tutto disinteressati...»

«Ma questo è ovvio! Lo hanno fatto per attirare la tua attenzione, perché...»

Lei lo fermò con un cenno «Ascolta Gahone. L'unico motivo di tutte le loro sceneggiate... è questa...» indicando l'arma «Certo, lo fanno per me, perché sono "l'eccellente araldo". Mi vogliono per la mia autorità e l'influenza che ho sui nostri popoli. Ma soprattutto lo fanno perché chiunque diverrà mio marito, avrebbe in custodia Hariq, un'arma così micidiale da sigillare... quella...»

«Ho capito...» tagliò corto Gahone. Dopo alcuni momenti di pausa, riprese «Però, devi ammettere che per te hanno rinunciato a tutti i loro possedimenti. Dovrà pur contare qualcosa, no?»

Lei, in palese difficoltà, rispose «Sì, ma non credevo che avessero accettato sul serio una richiesta così folle! L'unico mio scopo era quello di fermarli. Cioè... con tutti i loro stupidi atteggiamenti da bambini, stavano per far scoppiare un'altra guerra!» Scosse la testa «Non possiamo rischiare, non possiamo risvegliarla. Non dopo tutto quello che abbiamo passato, non dopo tutto quello che abbiamo perso...»

Lui annuì. Antar riprese «Eppure non sai quanto sia rimasta sorpresa nello scoprire che quei sei hanno davvero accettato di rinunciare a tutto! Allora io... allora io gli ho proposto di sposarli tutti assieme! Ero sicura, giuro, sicura che se ne sarebbero andati via disgustati! Chi è così imbecille da accettare un matrimonio del genere?» Ridacchiò nervosamente.

Gahone la vide. Improvvisamente la sentì smorta, come se una parte di lei si stesse ridimensionando, rimpicciolendo. Sentiva come se il suono di un vetro infranto venisse emesso ripetutamente nelle sue orecchie. La vide scuotere la testa. «Mi sono infilata in una trappola da sola. E quel che è peggio è che probabilmente questa soluzione non durerà a lungo. Anzi, forse non è neanche una vera e propria soluzione... potrebbe addirittura peggiorare la situazione...»

Gahone cercò di risollevarle il morale. Non sopportava vederla in quello stato. Sentiva quel suono così triste, così avvilente, era come se qualcuno suonasse costantemente le note basse di un liuto. Persino il suo buonumore scompariva di colpo, quando la vedeva così. «Dai, Antar... magari... magari non è come dici tu! Forse ti tratteranno bene e a loro non interessa niente di Hariq! Pensa... pensa a Kasmiah! In fondo è un po' burbero, ma lui ti assicuro che ti ama davvero e farebbe di tutto per farti felice!»

Lei annuì «Sì... Sì, Kasmiah... forse il suo è un... amore disinteressato...»

«E Munkhar? Ha un modo tutto suo di vedere le cose, ma non puoi negare che il suo affetto per te non sia reale...»

Antar fece spallucce «Sì, Munkhar mi aveva già chiesto se... cioè una volta finita la guerra...»

«E Jeddah? È un po' egocentrico, ma non è cattivo...»

Lei sgranò gli occhi «Un PO' egocentrico? Ha dato il suo nome ai suoi figli! Sia al maschio che alla femmina. Li ha chiamati Jeddah!» concluse con un sorriso incredulo.

Gahone fece una smorfia «Pensa al lato positivo! Almeno non si confonde con i nomi, quando li deve chiamare...»

«Ha dato il suo nome ai suoi possedimenti! Le sue terre sono le terre di Jeddah, perché è il suo nome! Sto per sposare un uomo che ha dato il suo nome a una casa!»

Lui annuì «Ho capito! Allora ringrazia che non si chiami Florindo!»

Antar scoppiò in una fragorosa risata, che le fece uscire le lacrime agli occhi. Anche lui rise. Gli piaceva quel suono. Era coinvolgente e lo esaltava. La semplice ricompensa di riuscire a sentire quella sua risata, lo incitava ancora di più a farla ridere.

Quando infine smisero, Antar cercò di ricomporsi «Ah... Gahone... Ma come te ne esci con certe sciocchezze? Mi farai morire un giorno...» Poi dopo un lieve sospiro continuò «Va bene, forse di loro potrei anche fidarmi... ma che mi dici di Emhar dell'ovest?» Osservandolo con sguardo grave.

Un po' in difficoltà, farfugliò «Ah... Emhar... ecco lui...» In effetti era un uomo che era ossessionato dal potere. Non era totalmente senza scrupoli, ma di certo non avrebbe esitato a compiere qualche colpo basso in nome di un qualche suo piano. Inoltre era sicuro che provasse un po' di ammirazione per Antar, rispetto, senz'altro. Ma che fosse addirittura amore, non ne era del tutto certo.

Lei annuì, non attendendo oltre «E di Heydar di Arbad? La città stato al limite del Rubino Rovente? Che mi dici?»

«Beh... lui, forse potrebbe essere maggiormente interessato a Hariq... visto il suo amore per il collezionismo di oggetti. Soprattutto quelli scintillanti. Ma arrivare addirittura a scatenare una guerra vera e propria pur di possederla, mi sembra esagerato. Certo, darebbe via tutti i suoi possedimenti, ma...»

«Va bene, Gahone. Ho capito...» lo interruppe con un leggero tono di irritazione «E di Keonez del golfo? Ti fidi anche di lui?» chiese in tono grave.

«Ah... ecco...»

Quell'uomo effettivamente era un problema. Era infido e doppiogiochista, non esitava a ricorrere ad azioni spregiudicate, pur di ottenere ciò che voleva. Uomo potente, ricco e scaltro, aveva fornito la sua assistenza in guerra, esclusivamente per ottenere delle abbondanti ricompense.

In effetti il suo matrimonio con l'araldo Antar gli avrebbe consegnato un manufatto come la reliquia Hariq e gli avrebbe fornito la potenza e l'autorità sufficiente da corrispondere al suo concetto di ricompensa.

«Ascolta, Gahone. Non mi lamento della mia decisione. Non è stata facile da intraprendere, ma l'ho fatto per salvare i nostri popoli e il mondo intero, che abbiamo faticato tanto per riuscire a proteggere. Perché non possiamo infrangere il patto, non abbiamo lottato per sigillare... cioè... quella... colei che dorme, solo per poterci distruggere a vicenda a causa di stupide lotte di potere e guerre assurde! Ma non possiamo rischiare di commettere altri errori. E se d'un tratto mi facessero prigioniera e mi prendessero la reliquia? Se mi dovessero ricattare pur di impossessarsi di Hariq? O peggio ancora... se dovessi morire, chi la prenderebbe in custodia?»

Gahone sbiancò in volto. Non voleva nemmeno formulare quel pensiero. Ma si rese conto che Antar aveva ragione. Se una delle sue ipotesi si fosse rivelata esatta, allora avrebbe significato di nuovo guerra e tutto il loro lavoro sarebbe stato vanificato. In quanto uno degli araldi che hanno siglato il patto, Gahone era anche un suo garante e non avrebbe potuto permettere che esso venisse infranto.

Annuì fermamente. «Forse c'è un modo...»

Lei lo guardò speranzosa «E sarebbe?»

«Potremmo spezzarla...»

Antar divenne sbalordita «S-Spezzarla? E come vorresti fare? Non è mica un pezzo di ferraglia qualsiasi che possa essere spezzato e forgiato di nuovo così facilmente!»

«Ovviamente no. Per poterlo fare avrei bisogno del suo aiuto...»

Antar sbiancò e scosse la testa «Non puoi dire sul serio... Lascia stare, dobbiamo trovare un'altra soluzione...»

Lui si affrettò a dirle «No, no. Invece... invece è l'unico modo. Va bene così. Non preoccuparti, Antar. Non rischio niente e non ci saranno conseguenze, te lo assicuro!» la rassicurò sorridendo.

Lei lo guardò per alcuni momenti. Poi annuì «Sei sicuro? Non sarà pericoloso?»

Lui rincarò la dose «Ma certo! Stai tranquilla! In fondo sono pur sempre uno dei dieci araldi che ha forgiato il patto, no? Sono, o non sono, il protettore di Nesia?» esclamò, mettendosi una mano sul cuore, gonfiando il petto.

Antar scosse la testa «Sei proprio uno sciocco. Tu sei l'araldo della sciocca ingenuità!»

Lui sorrise «Beh... ma dimmi cosa ne pensi. Spezzeremo la lama in sei, affideremo ciascun pezzo a ognuno dei tuoi sposi. Così nessuno possederà la reliquia per intero e non potranno sfruttare la sua potenza. Se proprio vorranno usarla, dovranno unire le loro forze, indipendentemente dalla loro volontà. Se uno di loro volesse provare a riunire i pezzi con la violenza, gli altri potranno allearsi, in modo da fermare colui che gli muoverà guerra. E soprattutto, questo... potrebbe essere una misura per proteggere te...» spiegò con tranquillità.

Lei aggrottò le sopracciglia «Proteggere me?»

Gahone annuì «Sì! Nessuno potrà imprigionarti, perché ognuno possederebbe solo un pezzo della reliquia e questo renderebbe tutti i tuoi signori a un livello di potenza equo. Insomma se dovesse succederti qualcosa di male, nessuno accetterebbe di riunire la reliquia unendosi al tuo carceriere, o assassino, no? Inoltre gli altri potranno riunirsi per poter vendicare il torto da te subito e...»

Lei gli mise le mani sulle guance. Gahone si bloccò di colpo, al sentire il calore di quelle mani, ruvide e forti, percepì la propria testa svuotarsi. «Grazie, Gahone. Sapevo di poter contare su di te.» Gli diede un lieve bacio sulle labbra. Il melodioso suono della sua voce gli rimbombava in testa. Avvertiva la delicatezza delle sue morbide e carnose labbra sulle sue. Sentiva tutto l'amore e l'affetto nei suoi confronti in quel fugace gesto. Sentiva la forza del loro legame stretto, intimo e profondo crescere a dismisura.

Quando si staccò da lui disse «Avrei un altro favore da chiederti.»

Lui sorridendo come un ebete e ancora stordito dal gesto, rispose «Dimmi pure...»

«Quando avrai finito di celebrare i miei matrimoni, vorrei che ti prendessi cura della mia migliore amica, Selora Lehi En.»

Gahone sbalordito chiese «Cosa? Ma perché? Lei si sa prendere cura di sé stessa da sola e poi ci sei tu che le darai una mano e...»

Antar scosse la testa «No, Gahone. Non porterò con me Selora...»

L'araldo spalancò la bocca «Vuoi cacciare via Selora? Ma perché? È per la mano? È stato un incidente! È ancora in grado di combattere e...»

Lei lo fermò con un cenno «Lo so, lo so! Sono contenta dell'aiuto di Selora e affiderei a lei la mia stessa vita... ma...» s'interruppe e fece un sospiro. A Gahone fischiavano le orecchie. Era un suono così assordante che sembrava che stessero piantando un chiodo su una superficie liscia. «È proprio perché le voglio bene, che non voglio coinvolgerla nella mia scelta. Lei è la persona che per me è più cara, vorrei che rimanesse lontana da questi intrighi di palazzo, che almeno lei viva libera e felice come ha sempre fatto.»

Gahone non capiva e scosse la testa. «Ma perché, Antar? In fondo cosa cambia? È solo... è solo una cerimonia, no? Non cambierà niente, sarà come sempre... Io... Io... Non capisco...»

Lei gli diede una carezza sulla guancia e fece un triste sorriso. «Ascolta, Gahone. Non so come funzionino le cose nel tuo paese. Ma io, d'ora in poi, dovrò farmi carico di grandi fardelli e responsabilità, a cui non potrò sottrarmi. Per il mio popolo, per la mia gente e per il nostro mondo che abbiamo faticosamente costruito, io mi privo del mio affetto più caro, affinché possa invece essere libera e spensierata, lontana dall'obolo dell'oppressione che la tormenterebbe in eterno, se dovesse seguire me. E l'affido a te, Gahone, perché tu, tra tutti, sei il più affidabile e l'unico al mondo a cui affiderei una cosa così preziosa. Perché nessun re di questo mondo è riuscito a conquistare il cuore di Antar, l'araldo del fuoco, amica di Naar. Ma lei affiderà il suo più grande tesoro al suo unico e solo signore, un uomo sciocco e ingenuo che le ha mostrato un mondo seppur non possedendolo.»

Una lacrima scivolò sulla sua guancia e si depositò sulla curvatura delle labbra.

A Gahone gli si gelò il sangue, nel sentire quello stridore silenzioso di quella triste lacrima. Prese la mano di lei e la strinse alla sua guancia. «Non capisco, Antar... Perché?»

«Non importa, se non capisci, adesso. Un giorno capirai... e se non lo farai, meglio così. Perché non cambierei per niente al mondo il mio ingenuo signore» e così dicendo, gli diede un altro lieve bacio sulle labbra.

Gahone proprio non capiva. Rimase stordito da tutta quella fiumana di emozioni che si erano susseguite.

Improvvisamente lei batté le mani «Su, allora puoi spezzarla già adesso? O hai bisogno di tempo?» Gli chiese con un lieve sorriso amaro.

Lui scosso da quell'inaspettato rumore farfugliò «No... no... posso farlo adesso...» e prese il fodero contenente la lama.

Antar domandò titubante «Pensi che Naar potrebbe prendersela?»

Gahone gonfiò il petto orgoglioso «Non preoccuparti, gli parlerò io...» Poi estrasse la spada e si palesò una bella scimitarra dalla lama d'argento, con il simbolo di Naar inciso poco sopra la guardia dell'elsa.

Gahone annuì «Devo ammetterlo, a volte è un po' infantile, ma ha fatto davvero un bel lavoro...»

Antar osservò stranita l'arma «Uhm... strano... a te non si illumina di rosso...»

Lui fece spallucce «Per forza! Non sono un inarrestabile...» Poi mise le mani sulla lama facendo attenzione a non tagliarsi i palmi.

«Bene, cominciamo...»

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